Friday, December 27, 2002

Il processo
(un racconto di Natale) - 2a puntata

A quella accusa scoppiai in un pianto a dirotto.
Ma il pubblico ministero non si lasciò impietosire.
_”La faccia finita, imputato. Tanto qui non si commuove nessuno. Ci doveva pensare prima, quando era ora, a non accettare quel mestiere”

_”Sono colpevole eccellenza, sono colpevole…ma io non credevo…io ero disoccupato, cercavo solo un lavoro. Mi hanno offerto quello e ho accettato. Tutto qui, ecco.”
Singhiozzavo.

_“Ma la smetta con queste scuse ipocrite. Ci vuole poco per smontarle, sa? Mi risulta che nella città dove lei vive, Momena…Midena…"

_“Mo..Modena, eccellenza”

_“Ecco..sì, quella lì. Mi risulta che il tasso di disoccupazione sia tra i più bassi del suo continente. E’ vero questo?”
Questa domanda ebbe l'effetto di un colpo di sciabola tra i denti. Capii dove voleva andare a parare il pubblico ministero. Capii che le cose, se possibile, si facevano ancora più difficili.

_”E lei vuole dunque far credere alla corte che - posto che ciò possa costituire un attenuante - non le sarebbe stato possibile trovare un lavoro diverso?”

Oh, oh. E ora cosa dico? (furono attimi lunghi come ere geologiche)
_“Forse sì eccellenza, forse sì. Ma cerchi di capire, i vostri amici roditori, sicuramente inconsapevolmente e loro malgrado sono per noi umani un potenziale pericolo. Sono veicolo di malattie, di infezioni. Guardi sta scritto su libri importanti, da La peste di Camus fino ai Promessi sposi del Manzoni. E le ho citato due nomi di un certo peso, non so se mi capisce…

Mi sembrò per un attimo che stavolta l’accusa accusasse il colpo. Allora volli rilanciare

_“E poi non è vero che siete così pacifici. Il ratto può essere aggressivo e mordere, con conseguenze persino letali per l’uomo.”

A quella obiezione in aula si scatenò il pandemonio. Vidi il pubblico cominciare a squittire tutto insieme rivolto al mio indirizzo. Michey Mouse dovette minacciare un paio di volte di far sgomberare l’aula per riportare la tranquillità. Qualcuno tentò di scavalcare la ringhiera in legno che delimitava il settore degli spettatori, ma fu prontamente bloccato da Superpippo, nella sua veste di sovrintendente alla sicurezza dell’udienza.

Quando il dibattimento potè riprendere la voce dell’accusatore assunse un tono decisamente più pacato e solenne.

_ “No imputato, lei sbaglia. Qui a Topolinia topi e umani convivono pacificamente. Per molti secoli anche nella vostra realtà è stato così. Noi abitavamo le campagne e rosicchiavamo i vegetali che trovavamo nei campi. Certo, poteva scapparci qualche incursione nelle vostre cantine, ma non recavamo praticamente alcun disturbo. Poi gli umani si sono messi a creare quegli enormi agglomerati che si chiamano città. E con esse, ad ammassare quantità di cibo quali mai si erano viste nei depositi alimentari e a scaricare grassi commestibili nelle fognature. Noi, che forse siamo di bocca buona, li abbiamo graditi. Ci siamo nutriti coi vostri scarti e siamo cresciuti.
Con la società industriale moderna questa tendenza ha avuto un ulteriore salto di qualità.
Avete cominciato a produrre il cibo in mastodontici stabilimenti industiali e ad ammassare smisurate quantità di rifiuti nelle vostre discariche. Così facendo ci avete fatti moltiplicare a dismisura. Siete voi che ci avete fatto moltiplicare, a noi non è mai interessato. Condivide questa analisi imputato?”

Ma Topo Gigio non era un sempliciotto? Ma proprio con me doveva prendersela porc*$ª**?
(continua)

Tuesday, December 24, 2002

Il processo
(un racconto di Natale)

Mi risvegliai che ero già in tribunale, davanti alla corte.
Mi fu sufficiente uno sguardo al banco della giuria popolare per capire dove mi trovavo. Avevo riconosciuto senza ombra di dubbio alcuni dei membri: Bianca&Bernie, poi Minnie e, in ultima fila, i topini di Cenerentola. Non poteva che trattarsi del foro di Topolinia.
Alzando gli occhi verso lo scranno del giudice ne ebbi la conferma: Michey Mouse in persona.
Allora stavo veramente in un grosso guaio.

Mi girai a scrutare il pubblico e scorsi, tra gli altri, Speedy Gonzales, Tip&Tap e Geronimo Stilton, il giornalista dell’Eco del Roditore di Topazia.
In quell’istante mi tornò alla mente tutta la storia. Erano state le indagini di quel fottutissimo Basil l’investigatopo a incastrarmi. Il commissario Basettoni non aveva potuto far altro che trarne le conseguenze e arrestarmi. Mai nella mia vita la frase “Manetta, manette!” mi era sembrata così truce.
Adesso dovevo rispondere delle accuse di Derattizzazione aggravata e continuata e di Rodenticidio plurimo premeditato mediante avvelenamento.
Accuse estremamente gravi per il diritto penale di Topolinia.

Il mio primo tentativo di autodifesa fu naturalmente l’invocazione del legittimo sospetto: la giuria poteva essermi pregiudizialmente ostile solo perché da piccolo avevo sempre preferito le storie dei paperi.
_“Chiedo che il processo venga spostato a Paperopoli
Non ebbi successo, si misero tutti a squittire.
_“Imputato, in questa città la giustizia è una cosa seria. Limiti la sua difesa alla contestazione dei fatti che le vengono attribuiti”

Il rappresentante della pubblica accusa, Topo Gigio, fu il primo a prendere la parola.
_“Il qui presente imputato, Davide Pocobene, fa parte della peggior specie degli umani: da piccolo si nutriva con fiabe, cartoons e fumetti che avevano alcuni dei qui presenti come protagonisti. Noi abbiamo sempre allietato la sua infanzia senza pretendere nulla in cambio. Ora che è cresciuto ha scelto di diventare uno sterminatore professionista dei nostri simili. Per giunta nel modo più vigliacco: egli semina cibo appetitoso ma avvelenato in supermercati e stabilimenti industriali provocando devastanti stragi tra la nostra specie. Ma non è tutto: le prove raccolte da questo ufficio dimostrano che in taluni casi la sua perfidia è arrivata persino ad avvelenare l’acqua delle pozze nelle quali gli innocenti ratti si dissetavano”

_“Sì, ma io…”

_”Imputato non mi interrompa. Non sono ancora giunto ad illustrare ai giurati la più crudele, infame e degradante delle azioni da lei abitualmente commesse.
Sappia dunque questa corte che il qui presente imputato è solito apporre lungo i perimetri di alcuni dei luoghi nei quali esercita la sua, diciamo così, “professione”, le tristemente famose trappole collante. Si tratta di tavolette di plastica all’apparenza innocue, ma contenenti sostanze talmente vischiose che una volta entrati non si riesce più a uscirne. E si rimane lì, morendo di inedia o soffocamento tra atroci sofferenze.”

A quella accusa scoppiai in un pianto a dirotto.
Ma il pubblico ministero non si lasciò impietosire.
_”La faccia finita, imputato. Tanto qui non si commuove nessuno. Ci doveva pensare prima, quando era ora, a non accettare quel mestiere”
(continua)