La vendetta del topo
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, il mio lavoro è di solito abbastanza pulito. Sporchi sono semmai i luoghi in cui si svolge.
Sostanzialmente funziona così: lungo le pareti dei magazzini di supermercati e stabilimenti industriali ci sono scatolette e box, di plastica o metallici. (non lo sapevate?) . All’interno di questi contenitori c’è un’ esca avvelenata messa lì per il topo. Ogni tanto passo io e controllo. Se l’esca c’è ancora, bene. Se è stata mangiata la sostituisco. Semplice no? E pulito come i guanti monouso in lattice che indosso.
C’è però almeno un giorno al mese in cui il mestiere mi rinfaccia impietoso quello che realmente sono: uno sterminatore. E’ il giorno in cui vado alla C*******, una grande fabbrica di trasformazione del pomodoro, nel nord Italia.
E qui apro una parentesi: le fabbriche di pomodoro hanno tutte problemi di infestazione di topi. (non lo sapevate?) . Io ne ho viste tre, di cui una di una marca molto famosa. Due (tra cui quella della grande marca) hanno strutture vecchie, cadenti, sono lerce. Quella di cui vi sto parlando è la migliore tra quelle che ho visitato: c’è un responsabile molto meticoloso.
Lì la derattizzazione è strutturata in questo modo: all’esterno dello stabilimento ci sono i soliti box con le solite esche velenose. Ma dentro piazzano solo vaschette di colla.
_ Sa, se diamo l’esca avvelenata a un topo che sta già dentro, c’è il rischio che vada a morire nei bancali. E poi al cliente gli arriva il bancale coi fusti del prodotto finito e in mezzo ci trova un topo…
_ Capisco…
Invece se il topo passa su una vaschetta rimane incollato lì. Non si muove più.
O meglio: prova a muoversi. Cerca di divincolarsi, ma rimane sempre più invischiato. Non si stacca. E alla fine dentro la colla ci lascia la pelle. Ce la lascia letteralmente, assieme al pelo, nel penoso tentativo di liberarsi.
Io faccio il giro delle vaschette con una borsa e un grande sacco nero. Nella borsa ho le colle fresche, nel sacco getto quelle vecchie con il loro contenuto. E’ un gesto che vuol’essere il più rapido possibile. Con gli occhi girati dall’altra parte per vedere il meno possibile dello spettacolo. Ma la colla si attacca alle pareti del sacco. E così bisogna scuoterla la vaschetta. E bisogna guardare.
Mano a mano che si procede il sacco cominicia a puzzare. Tutte le volte che si spalanca, inavvertitamente o per necessità, ne esce un fetore che ho imparato a riconoscere. E’ odore di carni in putrefazione, che mi segue per tutto il tragitto.
L’ultima volta mi avvicina un magazziniere-carrellista.
_ Io il tuo mestiere non lo farei mai, sarà perché io amo gli animali..
_ Anch’io amo gli animali, ma coi topi…? Sa, è un industria alimentare…fate il pomodoro…
Certo, preferirei le esche anch’io ma [ e gli spiego la filosofia del topo nel bancale ]
_ Pensi che quando giriamo per i magazzini li sentiamo piangere. Sono lì incollati che agonizzano e piangono di disperazione. Hanno gli occhi rossi rossi.
Io lavoro dieci ore al giorno. Siamo indietro coi servizi e miei datori di lavoro vogliono che faccia di più. Se no arrivano le note di credito a fine anno, devono scontare ai clienti gli interventi non effettuati.
E così insistono che lavori di più, che faccia più ore, che sia più veloce nel servizio.
I nostri agenti commerciali vendono, vendono, vendono. Spingono sul fatturato
E intanto i topi urlano nei magazzini.
A me ultimamente capita spesso di sognare topi e insetti che escono dal sottosuolo. Se vedo qualcosa in terra che non capisco cosa sia, per esempio lungo la strada, di passaggio, di sfuggita, mi viene sempre istintivamente di fare un balzo, pensando che sia un topo. Deformazione professionale certo, ma forse qualcosa di più.
E’ la vendetta del topo: io lo uccido ma lui mi insegue nella vita. Mi provoca allucinazioni. Si ficca nei miei sogni. Non intesi nel senso di desideri reconditi, ma proprio nei sogni che si fanno alla notte. Quelli che vengono dal profondo, dal subconscio.
“I padroni vi rubano otto ore di sole” urlano tutte le mattine agli operai gli studenti del movimento nel film La classe operaia va in paradiso
I datori di lavoro invece, con me, talvolta si prendono anche la notte.
Il derattizzatore
Thursday, November 14, 2002
Sunday, November 10, 2002
Intro
Salve, mi chiamo Davide Pocobene, ho 30 anni e di mestiere faccio il derattizzatore.
A volte anche il disinfestatore. Però meno, perché anche se la ditta per cui lavoro tende a vendere i due servizi in abbinamento, poi mi dice che se il cliente non se ne accorge devo fare solo quello derattizzante.
Insomma, truffo i clienti sì. Ma questo l’ho già raccontato in un altro blog.
ilderattizzatore in un certo senso ne rappresenta il proseguimento. Con la differenza che allora ero un disoccupato, mentre ora ho una professione e tutto quello che ciò comporta.
Può darsi che vi paia poco serio prestare attenzione alle considerazioni di un killer di topi. Pensate però alle persone importanti, capi di stato e presidenti vari, che ascoltate tutti i giorni al telegiornale. In fin dei conti sono miei colleghi: trattiamo solo specie diverse, no?
Salve, mi chiamo Davide Pocobene, ho 30 anni e di mestiere faccio il derattizzatore.
A volte anche il disinfestatore. Però meno, perché anche se la ditta per cui lavoro tende a vendere i due servizi in abbinamento, poi mi dice che se il cliente non se ne accorge devo fare solo quello derattizzante.
Insomma, truffo i clienti sì. Ma questo l’ho già raccontato in un altro blog.
ilderattizzatore in un certo senso ne rappresenta il proseguimento. Con la differenza che allora ero un disoccupato, mentre ora ho una professione e tutto quello che ciò comporta.
Può darsi che vi paia poco serio prestare attenzione alle considerazioni di un killer di topi. Pensate però alle persone importanti, capi di stato e presidenti vari, che ascoltate tutti i giorni al telegiornale. In fin dei conti sono miei colleghi: trattiamo solo specie diverse, no?