Saturday, December 14, 2002

« Quanno ce vò ce vò » (Christian De Sica)

Un banale episodio capitatomi l’altro giorno, durante il lavoro, mi spinge a fare qualche breve considerazione sul tema dell’immigrazione.

Naturalmente con la consueta serenità e pacatezza.

Orbene: io spero che quelle grandissime teste di cazzo di commercianti, gondolieri posticci e politicanti cialtroni, che immersi nelle terze Jacuzzi delle loro quinte case, fanno appelli perché gli italiani non comprino la merce venduta abusivamente dagli immigrati clandestini, siano costretti a emigrare a 50 anni, coi capelli già brizzolati, come il magrebino che ho incontrato io fuori da una grande catena di supermercati.

E come lui siano costretti a vendere centrini e cinafrusaglie all’esterno di un centro commerciale con una temperatura intorno ai 3 gradi.

Che con lo stesso sforzo debbano sudarsi un sorriso per offrirlo ai clienti del supermercato, intenti a caricare velocemente la roba in macchina e a non incrociarne lo sguardo.

Che con la stessa cantilena stentanta debbano ripetere “ buon Natale.. buon Natale..” per cercare di impietosirli. (sì, mi ha fatto pena, lo ammetto)

O meglio: buon Ramadan, perché io auguro loro di dover emigrare in un paese arabo, gelido e democratico.

Arabo, in modo che debbano farsi un mazzo tanto per capire, ma capire con difficoltà, i discorsi dei nativi e per saper spiaccicare due parole nella loro lingua.

Gelido, in modo che alla solitudine materiale delle loro esistenze si accompagni il clima esteriore più consono alla situazione.

Democratico, in modo che sia possibile ai suoi abitanti eleggere democraticamente un enorme pezzo di merda come potrebbe essere in Italia il sindaco di Treviso Gentilini, quello che toglie le panchine dalle piazze perché non ci si siedano i culi neri. O come l’ex onorevole Borghezio, quello che «nel nostro Paese dobbiamo comandare noi, non possono venire da fuori a rubarci il posto e a imbastardire il nostro sangue»

Spero poi che ogni sera, tornati a casa dal lavoro che ho auspicato, abbiano modo di seguire la televisione del paese che ho descritto. In modo da ascoltare gli ipocriti da talk show, quelli del li-vogliamo-aiutare-sì-ma-a-casa-loro e solidarietà-sì-ma-nella-legalità:che tornino nei loro paesi e imparino a mangiare quella. Che tra l’altro è buonissima.

Possibile che in questo mondo di web, umts e mappatura del genoma nessuno riesca a inventare una cazzo di frontiera che discrimini la decenza delle persone anziché la loro provenienza geografica?

Sunday, December 08, 2002

Donne e topi
(e derattizzatori)

Proverbialmente c’è incompatibilità.
Secondo l’archetipo iconografico tradizionale alla vista anche del più piccolo topino ogni donna dovrebbe salire in cima al letto, a una sedia, a uno sgabello e mettersi a gridare di terrore. Poco male.

Ma alla vista di un derattizzatore? La questione per me, potrete ben immaginarlo, è tutt’altro che accademica. L’altro giorno stavo derattizzando una mensa che aveva un grave problema di ratti: gli animali si erano infiltrati persino nella canalina elettrica che scorre lungo le pareti della cucina.
Intento nel lavoro, percepivo comunque brandelli di discorso che, nella sala lavastoviglie, stavano facendo le cuoche.

Più o meno il tenore era questo:

_“Certo che andare a caccia di topi di mestiere…”
_“Beh… è un lavoro come un altro…”
_“Sì.. d’accordo, ma non è certo un lavoro affascinante”
_“Eh in effetti… pensa se hai un uomo che fa questo mestiere…cioè, quando torna a casa la sera.. non è che mi attizza...” (testuale - nda)
- risate –

Lì per lì mi sono venute in mente due cose:

1. Quel mio amico che dice che non riuscirò mai a trovare la morosa finchè faccio il derattizzatore

2. Giorgio Bocca, secondo il quale negli anni 50 i giovani si trasferivano in fabbrica dalle campagne perché chi lavora in campagna puzza di letame e chi puzza di letame non trova moglie

Poi mi è venuto in mente che io dovrei essere risarcito dello scarso appeal sessuale del mio mestiere.
Eh sì, perché subisco un danno importante. Quando si discute il Contratto Collettivo Nazionale della categoria dovrebbe essere introdotta una voce, che so:
Indennità di scarsa attività erotica ludica e riproduttiva: € tot
Integrazione difficoltà affettive e amatorie: € tot altri
Almeno avremmo diritto a un buono viaggio in un paese del terzo mondo, dove le donne non possono far tanto le difficili no?

“Un uomo senza un lavoro non è un uomo” dice il delegato sindacale. Il monsignore approva.

E infatti gli uomini non servono: ad attizzarci (pare) bastano le loro professioni.