Tuesday, December 24, 2002

Il processo
(un racconto di Natale)

Mi risvegliai che ero già in tribunale, davanti alla corte.
Mi fu sufficiente uno sguardo al banco della giuria popolare per capire dove mi trovavo. Avevo riconosciuto senza ombra di dubbio alcuni dei membri: Bianca&Bernie, poi Minnie e, in ultima fila, i topini di Cenerentola. Non poteva che trattarsi del foro di Topolinia.
Alzando gli occhi verso lo scranno del giudice ne ebbi la conferma: Michey Mouse in persona.
Allora stavo veramente in un grosso guaio.

Mi girai a scrutare il pubblico e scorsi, tra gli altri, Speedy Gonzales, Tip&Tap e Geronimo Stilton, il giornalista dell’Eco del Roditore di Topazia.
In quell’istante mi tornò alla mente tutta la storia. Erano state le indagini di quel fottutissimo Basil l’investigatopo a incastrarmi. Il commissario Basettoni non aveva potuto far altro che trarne le conseguenze e arrestarmi. Mai nella mia vita la frase “Manetta, manette!” mi era sembrata così truce.
Adesso dovevo rispondere delle accuse di Derattizzazione aggravata e continuata e di Rodenticidio plurimo premeditato mediante avvelenamento.
Accuse estremamente gravi per il diritto penale di Topolinia.

Il mio primo tentativo di autodifesa fu naturalmente l’invocazione del legittimo sospetto: la giuria poteva essermi pregiudizialmente ostile solo perché da piccolo avevo sempre preferito le storie dei paperi.
_“Chiedo che il processo venga spostato a Paperopoli
Non ebbi successo, si misero tutti a squittire.
_“Imputato, in questa città la giustizia è una cosa seria. Limiti la sua difesa alla contestazione dei fatti che le vengono attribuiti”

Il rappresentante della pubblica accusa, Topo Gigio, fu il primo a prendere la parola.
_“Il qui presente imputato, Davide Pocobene, fa parte della peggior specie degli umani: da piccolo si nutriva con fiabe, cartoons e fumetti che avevano alcuni dei qui presenti come protagonisti. Noi abbiamo sempre allietato la sua infanzia senza pretendere nulla in cambio. Ora che è cresciuto ha scelto di diventare uno sterminatore professionista dei nostri simili. Per giunta nel modo più vigliacco: egli semina cibo appetitoso ma avvelenato in supermercati e stabilimenti industriali provocando devastanti stragi tra la nostra specie. Ma non è tutto: le prove raccolte da questo ufficio dimostrano che in taluni casi la sua perfidia è arrivata persino ad avvelenare l’acqua delle pozze nelle quali gli innocenti ratti si dissetavano”

_“Sì, ma io…”

_”Imputato non mi interrompa. Non sono ancora giunto ad illustrare ai giurati la più crudele, infame e degradante delle azioni da lei abitualmente commesse.
Sappia dunque questa corte che il qui presente imputato è solito apporre lungo i perimetri di alcuni dei luoghi nei quali esercita la sua, diciamo così, “professione”, le tristemente famose trappole collante. Si tratta di tavolette di plastica all’apparenza innocue, ma contenenti sostanze talmente vischiose che una volta entrati non si riesce più a uscirne. E si rimane lì, morendo di inedia o soffocamento tra atroci sofferenze.”

A quella accusa scoppiai in un pianto a dirotto.
Ma il pubblico ministero non si lasciò impietosire.
_”La faccia finita, imputato. Tanto qui non si commuove nessuno. Ci doveva pensare prima, quando era ora, a non accettare quel mestiere”
(continua)

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